Conservanti alimentari
Tra gli additivi alimentari più comuni, si annoverano l’anidride solforosa, classificata con la sigla E220, mentre i suoi derivati, i solfiti (Sali) si identificano con le sigle E221 fino a E228.
Sia l’anidride solforosa che i solfiti vengono adoperati come conservanti e contano svariati utilizzi. I solfiti vengono impiegati in polvere o in forma solida negli alimenti, mentre l’anidride solforosa può essere usata come gas o in forma liquida. Non è recente il suo utilizzo in ambito alimentare, infatti veniva e viene utilizzata tutt’oggi come antimicrobico, antimicotico, inibitore del processo di imbrunimento enzimatico, antiossidante e sbiancante dello zucchero ed amido, ma non solo.
Largamente impiegato nella conservazione del mosto del vino, della birra, dei succhi di frutta, delle marmellate, delle carni conservate ,conserve ittiche, sott’aceti, sott’oli o in salamoia, crostacei congelati, frutta secca o candita (anche per preservare il colore), bevande analcoliche, aceto e funghi secchi.
È da precisare che i solfiti sono contenuti anche naturalmente negli alimenti non solo adoperati come additivi. In particolare una piccola quantità di anidride solforosa viene usata per produrre solfiti impiegati per l’appunto nella conservazione di cibi e vino (nel vino presentano un ruolo antiossidante, impediscono la crescita di batteri e lieviti e bloccano eventuali fermentazioni. Il limite concesso per legge dei solfiti è di 200 mg/l). L’eccessivo impiego di solfiti, però può danneggiare la qualità del vino, conferendo sgradevoli odori sulfurei.
È da sottolineare che l’utilizzo avviene maggiormente nei vini bianchi e dolci poiché gli zuccheri non trasformati in alcool possono fermentare ancora e rendere difficoltoso il mantenimento nel tempo del vino stesso. Invece i vini rossi possiedono antiossidanti naturali, i polifenoli che agevolano la conservazione evitando così, o quantomeno razionando l’aggiunta dei solfiti.
Come si nota l’utilizzo di questo conservante è vasto nell’industria alimentare anche nella catena del freddo è protagonista per la sua azione antiparassitaria ed antibatterica. L’Organizzazione mondiale della Sanità indica una quantità giornaliera massima da non superare di solfiti negli alimenti, pari a 0,7 milligrammi per chilogrammo di peso corporeo. In realtà non desta preoccupazione tanto la quantità presente all’interno di un singolo alimento, ma l’insieme delle varie quantità contenute nei diversi prodotti ingeriti nell’arco della giornata.
Per quanto concerne l’aspetto nutrizionale l’anidride solforosa impedisce l’assimilazione della vitamina B1 e B12, riducendo il valore nutritivo degli alimenti stessi che le contengono. Per la potenziale sensibilità a queste sostanze, i produttori alimentari sono obbligati a dichiarare in etichetta la presenza di solfiti o anidride solforosa specie quando la concentrazione nel prodotto supera i 10mg/kg.
I solfiti fanno parte della lista dei nove allergeni alimentari più diffusi, anche se in realtà la reazione può definirsi una ipersensibilità piuttosto che un’allergia (liberano anidride solforosa a contatto con i succhi gastrici causando addirittura broncospasmi negli asmatici). Infatti le persone asmatiche, specialmente se in terapia con i cortisonici, devono porre particolare riguardo al consumo di alimenti contenti questi conservanti.
Quello che succede è che si verifica una ipersensibilità ai solfati provocando difficoltà respiratorie in questi soggetti. Analoga situazione si verifica anche in coloro che sono allergici all’aspirina. Oltre alle classiche emicranie (tipiche della solfatazione del vino) tra le reazioni che si possono presentare sono orticaria, nausea, vomito, sudorazione, ipotensione, vampate di calore fino a crisi asmatiche. Di solito tali sintomi si verificano tra 15-30 minuti dall’assunzione dell’alimento.
Conclusione
Per quanto detto è sempre preferibile consumare cibi freschi, limitando il più possibile l’acquisto di alimenti conservati e soprattutto prediligere vini di qualità scegliendo i rossi.
Conservanti alimentari, l’anidride solforosa e solfiti negli alimenti. Dott.ssa Biologa Nutrizionista Filomena Vitale