I carboidrati: quali preferire?
I carboidrati rappresentano la classe di molecole organiche più abbondante in natura e sono i precursori della maggior parte delle biomolecole – le cosiddette molecole della vita – proprio per l’importanza cruciale che rivestono nel nostro organismo.
A tavola, da sempre, occupano un posto d’onore, in quanto rappresentano la principale fonte di energia per il nostro organismo.
Quanta energia forniscono?
Circa 4 kcal/gr, anche se il loro valore energetico oscilla dalle 3,37 Kcal del glucosio, alle 4,2 Kcal dell’amido.
Vengono classificati in: semplici e complessi. I primi a rapido assorbimento perchè essendo caratterizzati da una struttura chimica agevole l’organismo non fatica a digerirli ed assorbirli, ma passano direttamente nel sangue, per essere poi immediatamente utilizzati.
I secondi invece, avendo una struttura chimica più articolata, mettono l’organismo nelle condizioni di dover faticare di più per poterli digerire e successivamente assorbire. Motivo per cui, forniscono energia a lento rilascio. Un esempio è l’amido contenuto nei più comuni carboidrati da tavola: pane e pasta.
Dopo un rapido excursus riguardante la biochimica della nutrizione, passiamo alle questioni di carattere pratico.
Si può vivere senza carboidrati?
La risposta è si, ma attenzione! Come premesso, i carboidrati rappresentano il nostro principale carburante, dal punto di vista energetico. Infatti, sono necessari soprattutto al sistema nervoso centrale e ai globuli rossi.
In medio stat virtus, come diceva Aristotele.
I carboidrati sono certamente necessari, ma un loro eccesso può essere causa di: gonfiore, stanchezza eccessiva e potrebbero (insieme ad un consumo eccessivo di grassi) essere alla base di processi infiammatori.
Un parametro importante da tenere in considerazione nella scelta dei carboidrati è quello che riguarda il cosiddetto INDICE GLICEMICO.
Di cosa si tratta?
E’ un parametro che ci consente di valutare la velocità con la quale i vari alimenti determinano un aumento dello zucchero nel sangue (la glicemia). A seconda della velocità con la quale la glicemia aumenta, è possibile classificare gli alimenti in: basso, medio e alto indice glicemico.
Ad esempio: cereali integrali e legumi hanno un basso indice glicemico, questo vuol dire che saranno convertiti lentamente in glucosio circolante. La glicemia, in questo caso, cresce in maniera graduale e, in modo altrettanto graduale, viene rilasciata una quantità di insulina, l’ormone adibito alla riduzione dei livelli di glicemia in eccesso, che farà utilizzare gli zuccheri disponibili alle cellule: tali alimenti forniscono energia a lento rilascio e a lungo termine.
Al contrario, sostanze ad alto IG come le patate, le confetture o la frutta molto zuccherina entrano in maniera repentina nel sangue e forniscono energia immediata a breve termine poiché altrettanto velocemente l’ormone insulina ridurrà i valori glicemici.
Diversi sono i fattori che possono influenzare l’indice glicemico degli alimenti. La presenza contemporanea, nello stesso alimento o nello stesso pasto, di proteine e/o grassi e fibre, aiuta a ridurre l’indice glicemico. I cereali integrali, come farro o avena, sono ricchi di fibra e di conseguenza hanno un indice glicemico inferiore rispetto al riso brillato; la stessa pasta integrale, rispetto a quella di semola, ha un indice glicemico inferiore in quanto più ricca di fibra e proteine.
Anche le tecniche di cottura incidono: una cottura prolungata degli alimenti amidacei, determina un aumento dell’indice glicemico. Per cui, la pasta cotta per più lungo tempo (più idratata) darà una risposta glicemica più rapida, rispetto a quella lasciata “più al dente”. Inoltre, quest’ultima essendo più dura, richiede più tempo per la masticazione e di conseguenza, migliora anche il senso di sazietà.
Viceversa, l’IG si riduce con la tostatura del pane e con il raffreddamento dei carboidrati: ad esempio, la pasta fredda, le insalate di riso e cereali o le patate bollite, se poi lasciate raffreddare, hanno un IG più basso rispetto a quando gli stessi alimenti vengono consumati appena cotti.
Purtroppo, questo valore da solo non descrive quanto è alto il picco di glucosio nel sangue ma solamente quanto in fretta lo si raggiunge. Pertanto, per una valutazione più completa, è stato introdotto il concetto di carico glicemico (CG), che tiene conto sia della qualità che della quantità dei glucidi ingeriti. In sostanza, mentre il CG dipende dalla porzione, l’IG è fisso.
Ad esempio: una pizza margherita con impasto integrale non ha un indice glicemico particolarmente elevato. Tuttavia, contiene una porzione abbondante di carboidrati, pertanto il suo carico glicemico sarà alto. Al contrario, all’interno delle carote si trova una quantità modesta di carboidrati, quindi si tratta di un alimento a basso carico glicemico; tuttavia, la cottura determina un aumento repentino della glicemia.
Senza perderci in troppe chiacchiere, fissiamo questo concetto: il CG riflette l’importanza di non perdere di vista le dimensioni delle porzioni e di considerare anche l’apporto calorico totale: semplificando, se vi è un eccesso di calorie rispetto al fabbisogno, il glucosio in eccesso verrà convertito in tessuto adiposo (grasso di deposito).
E’ importante preferire alimenti a basso indice e carico glicemico, in quanto: nei pazienti affetti da diabete tipo 2 aiuta a mantenere sotto controllo la glicemia; nei pazienti in sovrappeso e/o obesi consente di prevenire l’insorgenza di alcune patologie, come il diabete e le malattie cardiovascolari; migliora i livelli di colesterolo, aiutano a perdere peso e a mantenerlo nel tempo.
Abbiamo visto che, per poter tenere sotto controllo l’indice glicemico degli alimenti, è necessario abbinare una buona quantità di carboidrati – magari anche in presenza di fibra – con una discreta quantità di grassi e proteine.
Nella pratica: si può scegliere, ad esempio, la pasta integrale cotta al dente a cui si aggiungono delle zucchine, una porzione adeguata di salmone ed un cucchiaio d’olio extravergine d’oliva; così da ottenere un pasto a basso indice glicemico, con un rilascio graduale di energia e che ci fornirà un senso di sazietà prolungato.
Per quanto riguarda gli spuntini, invece, si può abbinare la frutta fresca mangiata con la buccia – che è spesso edibile e ricca di fibra – con una piccola porzione di frutta secca che ne rallenta l’assorbimento.
Non esistono “alimenti buoni o cattivi”. Ma così come in tutti gli altri ambiti della nostra vita, dobbiamo riuscire a trovare il giusto equilibrio!
Il cibo è un’emozione!
I carboidrati stimolano il cervello a produrre la serotonina, conosciuta come “l’ormone della felicità”, che genera un’immediata sensazione di buon umore. Invece, un pasto ricco di grassi, per esempio, ci fa sentire assonnati e irascibili.
Al contrario…scegliere abitudini alimentari sane e consapevoli ci aiuterà a riequilibrare il nostro assetto ormonale, rafforzando anche la sensazione di benessere psico-fisico.
I carboidrati: quali preferire? Dott.ssa Maria Rosaria Pepe Biologa Nutrizionista