Glutammato monosodico
Una polvere bianca cristallina ottenuta dell’acido glutammico, amminoacido non essenziale ma molto diffuso in natura. Negli alimenti può essere presente in due forme: quella “legata” ad altri amminoacidi che contribuisce alla costruzione delle proteine, ed è quella più consistente, e quella “libera” come singolo amminoacido.
Si tratta di un sale evidenziato con la sigla “E621”, il quale risale all’antica cucina orientale, dove per insaporire i cibi veniva usata un’alga marina (kombu), il cui principio attivo risultò poi essere il glutammato. Da qui deriva il quinto sapore, cioè la percezione del glutammato di sodio, che prende il nome di umamio umai, che appunto tradotta sta a significare saporito o delizioso. L’uso di tale prodotto decollò in Occidente quando si scoprì che esso non derivava da un’alga ma dalle acque provenienti dalla fermentazione di melasse o di altri sciroppi di glucosio (esempio dalla lavorazione della barbabietola da zucchero).
Il glutammato di sodio è quindi un esaltatore di sapidità in grado di stimolare i recettori del gusto, rendendo più intensi i sapori del cibo; forse è uno dei più comuni additivi utilizzati nell’industria alimentare. Esso si trova naturalmente in molti alimenti proteici, tra cui formaggi stagionati e carni; mentre come additivo viene introdotto principalmente in alimenti fatti con materie prime scadenti in modo da migliorarne il sapore, in particolare in: dadi da brodo, prodotti di gastronomia, primi, secondi e contorni surgelati, salse, prodotti in scatola, salumi, liofilizzanti.
Ciò fa capire che, nel momento in cui troviamo la presenza di glutammato nel cibo, esso funge da indice di scarsa qualità delle materie prime, di conseguenza il consumo di tali cibi è sconsigliato.
Un caso è il dado da cucina che può essere un tipico esempio di non-alimento. Esso è costituito per metà da sale raffinato e per la restante metà da glutammato monosodico ed estratto di carne ottenuto da scarti di macellazione, ossia tagli non commercializzabili altrimenti a scopo alimentare.
Fin dagli anni ’60, ricerche mediche hanno evidenziato diversi effetti negativi sulla salute associati all’acido glutammico libero, contenuto nel glutammato di sodio. In particolar modo si ha la cosiddetta “sindrome da ristorante cinese”, chiamata così in quanto colpisce spesso gli appassionati di cucina orientale dove si insaporiscono i cibi con questo additivo. Disturbi correlati a tale sindrome sono: cefalea, vertigini, palpitazione, sudorazione eccessiva etc.
L’uso di cibi contenenti tale additivo è sconsigliato nei bambini, poiché la relativa debolezza della membrana cerebrale tipica dell’età infantile potrebbe lasciar penetrare nel cervello quantità eccessive di glutammato con il rischio di danni gravi.
Il glutammato fa parte di molecole definite esotossine, che possono creare problemi nei soggetti sensibili, specialmente: allergie, intolleranze, disturbi e malesseri vari. Introducendo con l’alimentazione un’esotossina i loro livelli nel sangue aumentano da 20 fino a 40 volte; questo eccesso, va a stimolare tutti i recettori del corpo e va a creare una serie di problematiche, in quanto si è scoperto che non solo il cervello presenta recettori per il glutammato ma anche tutti gli altri organi e tessuti.
Glutammato,un ingrediente che non tutti conoscono. Dott.ssa Carolina Girolami Biologa Nutrizionista